sabato 15 maggio 2021

la bambina

 Quella notte, la bambina arrivò, in sogno,alla caverna. A piedi nudi, attraversò la soglia di cocci e schegge taglienti, incurante dei tagli e delle ferite riaperte dal cammino a ritroso dentro di sé.I suoi passi lasciavano impronte di sangue, che la terra dell'oblio cancellava, l'incedere impietoso ottundeva ogni memoria, vanificando la sua stessa esistenza, nei secondi che gocciolavano silenziosi uno sull'altro, in quel percorrere lento di istante dopo istante.

Era giunta davanti alla maschera, che sorrideva dietro le sembianze della divinità, nel responso di Pizia. Mostrati. Gli disse. Puoi ingannare i miei occhi, non il mio cuore. Anche ustionato, riesce a vederti. Mostrati per quello che sei. Ho viaggiato dentro di me, per trovarti. 

Abbandona la menzogna e mostrati nelle tue vere sembianze. E il simulacro mutò la sua effige. Da tutelare divenne pergamena arsa, pelle carbonizzata e zolfo inevaso, carne nera ed effluvio di Ade. La bambina cercava i suoi occhi, ma non riusciva a vederli, il vuoto rideva nelle orbite concave dell'amenità.Tu non sei. Non sei mai stato. Il tuo richiamo era litania funebre di sirena. 
La tua profondità illusione di carnefice. Aveva scandito il suo nome, una sera fredda di inverno, mentre lei stringeva le membra e i pensieri dentro uno strale nero per evadere il gelo, simulando un calore che mai avrebbe creduto possibile. La bambina antica di lontana provenienza, dagli gli occhi innocenti e sapore di giada, aveva inciso con le unghie parole di rame e madreperla, e le aveva offerte al suo cuore. Ma il suo cuore era pietra, e soltanto le foglie degli elfi erano rimaste sul cuscino al risveglio.Non sei mai stato. E l'orgoglio della tua ritrosia che consegue la sazietà della depredazione, fa di te un simulacro per anime vuote. Il mio dolore non sarà che effige di stupidità, ai miei piedi.E mentre il suo corpo disseccava dall'assenza, e le sue lacrime cadevano come pietra nell'acqua, la bambina litaniava il nome arcaico del demone. Assente, silenziosa. Persa nel nulla. E in quel nulla avrebbe ripercorso la strada, a ritroso. E sarebbe svanita, come polvere. Lasciando soltanto i suoi occhi, salamandre orfane, pietre rubate. Posate, sui petali di un fiore.


racconto di 

Beatrice Besia


amo leggere perche mi piace pensare...i racconti di Beatrice, poliedrica artista, spinge lo spettatore ad ascoltare e guardare il proprio passato nel ricordo, ma il ricordo è pensare è immaginare è un gesto indefinito, ognuno da una sua interpretazione ed ecco perche invito veramente a cogliere le sfumature su ogni racconto dell'autrice...sono percezioni sono colori sono momenti infiniti del tempo o forse chissà di definiti spazi all'interno del nostro pensiero. 

maurizio barraco

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